Siamo abituati a parlare di obesità come una patologia legata all’alimentazione, talvolta associata a qualche squilibrio ormonale o di altro tipo, il più delle volte causata da un rapporto disfunzionale con il cibo. In questo articolo non intendo però affrontare l’argomento in senso stretto, mi preme piuttosto fare un parallelismo tra l’obesità e la società in questo periodo storico.
Viviamo in un mondo obeso, ma non di cibo, o almeno non solo di esso. Ingurgitiamo immagini e video, scrollando sullo schermo dei nostri cellulari e osservando le vite degli altri apparentemente perfette, mentre, accanto a noi, scorre la nostra e talvolta non ce ne accorgiamo. Un’immagine dietro l’altra, tutto è a portata di un click. Riempiamo le nostre vite di immagini spesso martellanti e disturbanti, ma che rapiscono la nostra attenzione, collezioniamo cose che spesso non ci servono, solo perché ci fanno sentire adeguati a un ideale di felicità falso, ma che sembra essere il metro di misura per non sentirsi fuori luogo. Si va a caccia di saldi finendo per spendere più di quanto si creda di risparmiare.
Facciamo tutto (o quasi) quello che il mercato del momento ci mostra come indispensabile.
Facendo un parallelismo con chi riversa sul cibo le proprie frustrazioni - e mi permetto di parlarne perché è stato un problema vissuto in prima persona - viene da chiedersi quali siano i vuoti che cerchiamo di colmare nelle nostre vite. Facciamo indigestione di tutto, ciò nonostante, questo tutto sembra non bastarci mai. Cosa è andato storto? Non sarà forse che in qualche modo ci rendiamo conto di vivere una realtà che non ci appartiene? Forse se ci fermiamo a riflettere scopriamo che ciò di cui abbiamo davvero bisogno è molto più semplice di tutte le sovrastrutture con cui cerchiamo di riempire le nostre giornate. Abbiamo bisogno di ripristinare il contatto con la natura, ricominciando a rispettare la nostra unica casa, vale a dire, il nostro meraviglioso Pianeta Terra che ci ospita e del quale siamo parte. Noi non siamo le nostre cose, le nostre auto, i nostri vestiti, le nostre carriere. Siamo uomini e donne che cercano nel migliore dei modi di dare un senso alla propria vita. Esattamente come la sindrome metabolica si cura cambiando abitudini alimentari e nutrendosi in modo sano, la società odierna deve imparare a nutrirsi di relazioni di qualità e utilizzare le cose per lo scopo che hanno, senza sostituirle alle relazioni o colmare vuoti dovuti all’assenza di queste ultime.
L’obesità è la metafora di questa società e non è solo un problema del singolo individuo, essa è lo specchio di una società abituata a riempirsi di cose per colmare un vuoto di connessione. Chi smette di mangiare in modo compulsivo si ritroverà a dover colmare quel vuoto, probabilmente anche attraverso un supporto psicologico che aiuti a comprendere quali siano state le paure o le frustrazioni finora ignorate, probabilmente allo scopo di evitare di riesumare un trauma che causerebbe sofferenza.
Allo stesso modo noi tutti, una volta fuori dalla ruota del criceto che ci teneva costantemente impegnati a correre, ci ritroveremo ad avere uno “spazio vuoto” che potremo riempire con relazioni sane, affetti, passeggiate e azioni lente . Queste ultime avranno lo scopo di renderci più consapevoli. Con molta probabilità noteremo che ci resta altro spazio vuoto, sarà quello che potremo dedicare alle attività creative di qualsiasi tipo. Quelle non ci renderanno mai obesi perché non sono cibo per il nostro corpo, né per la nostra mente. La creatività è cibo per l’anima.
Linda Pennone